di Carlo Barbagallo
Le ultime vittime delle tragedie in mare dei profughi che tentano di raggiungere la costa della Sicilia 4 giorni addietro e ieri. Lunedì scorso (24 ottobre) nel porto di Palermo sono sbarcati mille migranti e i corpi di 17 persone. Nove cadaveri sono stati trovati adagiati nel fondo di un barcone alla deriva, distesi l’uno accanto all’altro. Gli altri recuperati in acqua. Il soccorso è stato effettuato dalla Siem Pilot, nave norvegese e da imbarcazioni di diverse ong, poi trasferiti sulla nave norvegese che poi ha raggiunto il capoluogo. Tra i morti due bambini di sette-otto anni e la loro madre. Ieri mattina (27 ottobre) è approdata a Catania la nave “Navarra” inserita nel dispositivo EUNavForMed con a bordo ben 730 profughi recuperati nei giorni scorsi in diverse operazioni di soccorso nello Stretto di Sicilia. Oltre ai profughi l’unità navale ha pure trasportato a Catania i corpi di 9 migranti deceduti, probabilmente, per i forti stenti sofferti nel corso della traversata. Sempre ieri almeno 97 migranti sono stati dati per dispersi dopo il naufragio di un barcone davanti alle coste libiche. A bordo dell’imbarcazione viaggiavano 126 profughi. Lo ha reso noto il portavoce ufficiale della Marina Libica Ayoub Kassem precisando che 29 migranti sono stati salvati. Il naufragio si è verificato davanti a Tajoura a est di Tripoli. Il gommone era partito da Garabulli, a circa 50 chilometri da Tripoli. Kassem ha aggiunto che la Marina ha raggiunto il barcone nel tentativo di salvare i migranti. A inizio settimana la Bourbon Argos, una delle tre navi di Medici Senza Frontiere, ha salvato 107 migranti su un gommone e 139 da un altro vicino, a 26 miglia dalle coste libiche. Nella prima imbarcazione i soccorritori hanno trovato i morti sul fondo del gommone sovraccarico. Un bilancio sempre provvisorio, quello dei migranti/fuggitivi, che si è costretti ad aggiornare quotidianamente.
Lancia l’allarme l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), secondo il quale ad oggi, nonostante manchino ancora due mesi alla fine dell’anno, si contano almeno 3.740 morti e dispersi, poco meno dei 3.771 registrati nel 2015: il 2016 finora l’anno più mortale per chi cerca di raggiungere la Sicilia e l’Italia. Sono circa 327.800 i rifugiati e migranti che hanno intrapreso la pericolosa traversata nel Canale di Sicilia: una persona ogni 88 che hanno tentato la traversata ha perso la vita.
A fronte di questa gravissima situazione c’è quella di coloro che sono riusciti a raggiungere l’Italia attraverso la Sicilia: vengono definiti “invisibili”. Nel nostro Paese ci sono oltre 50 mila persone che vivono sospese in un limbo o che presto ci finiranno: un esercito di fantasmi, destinato a crescere. Quanti migranti/profughi sono in Sicilia? Non ci sono “numeri”, non ci sono “statistiche” in merito, il numero è imprecisato!
Come scrive Gabriele Martini sul quotidiano La Stampa, i “fantasmi” sono i “diniegati”, migranti che hanno fatto richiesta di asilo, ma per i quali è stata respinta. La stragrande maggioranza di chi non ottiene alcuna forma di protezione non può essere rimpatriata perché sarebbe troppo oneroso e perché mancano accordi bilaterali con i Paesi di origine. E così restano nelle nostre città. Con in mano un foglio di via che impone di lasciare il territorio nazionale entro una manciata di giorni. Cosa che, puntualmente, non accade: il documento è l’ultima traccia lasciata dai migranti prima di inabissarsi in una zona grigia. Senza diritti né doveri, esposti allo sfruttamento e all’illegalità. (…) Oggi un richiedente asilo resta in attesa di una risposta non meno di due anni: i primi 12 mesi filano via, in media, per istruire la pratica e ottenere risposta alla richiesta di protezione presentata alla commissione territoriale. Da inizio anno sono già 44 mila gli stranieri che si sono sentiti dire no. Oltre sei su dieci. In caso di diniego l’unica via è il ricorso a un tribunale ordinario: per arrivare a sentenza trascorrono almeno altri dodici mesi. In secondo grado la percentuale degli accoglimenti totali è dell’8%. Uno su quattro (23%) ottiene comunque un accoglimento parziale (ad esempio la protezione umanitaria). Poi ci sono estinzione, improcedibilità e inammissibilità. Ma la percentuale da tenere d’occhio è quella di coloro che anche in secondo grado si vedono rigettato il ricorso: sono il 56%, dicono i dati del ministero della Giustizia. I calcoli sono presti fatti. Da inizio 2014 i “diniegati” in primo grado sono stati oltre 100 mila (…).
Come può notarsi, non è più una questione di “accoglienza”: la “solidarietà” si scontra anche con la burocrazia, mentre all’orizzonte non si prospettano soluzioni concrete a un problema che diventerà sempre più pesante con il trascorrere dei giorni e dei mesi.